Il dato che dobbiamo guardare negli occhi è uno: gli adolescenti in difficoltà non cercano più un adulto. Cercano l’Intelligenza Artificiale. Il problema, in fondo, non è l’IA in sé ma il vuoto umano e tutto quello che ne comporta. Abbiamo una platea ormai troppo grande di persone, soprattutto giovani, che si rivolgono a questa entità astratta, priva di sentimenti, come interlocutore emotivo, come confidente, come rifugio asettico a cui domandare ciò che non si ha il coraggio di chiedere nella realtà. In Italia governiamo tutto: i rifiuti, i cani, l’acqua, i condizionatori. Nessuno, però, governa l’uso dell’Intelligenza Artificiale nella crescita dei bambini e degli adolescenti. Ecco perché serve una legge pedagogica; serve un governo della pedagogia digitale; un quadro chiaro di responsabilità, limiti, tempi, ruoli. Perché se non la governiamo noi, la governerà il mercato. A commentare quello che è ormai un fenomeno pericoloso e che si sta diffondendo rapidamente e a macchia d’olio anche nelle famiglie, è la pedagogista Teresa Pia Renzo (nella foto), lanciando l’allarme rispetto al venir meno della cosiddetta filiera dell’ascolto, dalle famiglie alla scuola, dall’amicizia alle istituzioni, che rischia di creare individui solitari ed isolati. Ci sono alcuni esempi pratici che testimoniano, già da ora, il livello di allarme. Molti ragazzi – dice la pedagogista - non vanno allo sportello psicologico perché sanno che qualcuno potrebbe vederli. Con l’IA questo problema si cancella perché nessuno li guarda, nessuno li giudica, nessuno li etichetta. È una conversazione segreta, cancellabile, protetta. Ciò che non avviene negli sportelli d’ascolto, ignari del fatto che si sta compiendo una scelta che allontana il rapporto con l’emotività, nonostante nelle scuole si stia facendo di tutto per ripristinarla. L’IA è un luogo omertoso. E questo la rende potentissima e pericolosa, tanto che sta sostituendo ciò che gli adulti non riescono più a garantire: ascolto senza imbarazzo, presenza senza controllo, risposta immediata senza sguardo. E in tutto questo ci sono i paradossi della Pubblica Amministrazione. Abbiamo – ricorda la professionista e Presidente delle cooperative Magnolia e Maya che operano, nel territorio di Corigliano-Rossano, Lattarico e Bisignano - una nota ministeriale che vieta l’uso dei cellulari a scuola. E, in contemporanea, proponiamo di usare l’intelligenza artificiale per fare didattica. È palese non solo la contraddizione ma anche il cortocircuito educativo che si viene a creare. Perché prima togliamo lo smartphone, poi, rientriamo dalla finestra con uno strumento ancora più potente, ancora più invasivo, ancora più dipendente: l’IA. La robotica – aggiunge - è una risorsa enorme per la disabilità, per la personalizzazione didattica, per contrastare la dispersione scolastica. È un mezzo straordinario. Ma uno strumento potente senza adulti competenti è un’arma spuntata. Se entra nella scuola prima che abbiamo formato gli adulti – sottolinea - rischiamo di spegnere le competenze naturali dei bambini, dalla memoria alla fantasia, per finire alla logica e alla capacità di creare e di immaginare. L’IA, quindi, non deve sostituire ciò che solo un essere umano può sviluppare. Ovviamente – chiosa la pedagogista – non dobbiamo avere paura dell’Intelligenza Artificiale. Piuttosto, bisogna temere una società che la lascia entrare senza che nessuno sia pronto. Ho paura della solitudine dei ragazzi, non dell’algoritmo perché l’IA è solo un effetto, la causa – conclude Teresa Pia Renzo - è che gli adulti non presidiano più i luoghi dell’ascolto.