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Mezzogiorno a due velocità: la ZES Unica premia chi è già forte, Calabria fuori dai giochi, solo 42 autorizzazioni su 865 nel Sud
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“La ZES Unica doveva essere la leva per portare investimenti e lavoro anche nei territori più fragili. In Calabria, invece, i numeri certificano un insuccesso: a parità di fiscalità di vantaggio con le altre regioni del Mezzogiorno, la regione resta marginale nelle autorizzazioni, negli investimenti attivati e nelle ricadute occupazionali. Non è un dettaglio statistico, ma un segnale politico ed economico chiaro: la ZES, così com’è disegnata e applicata, non sta riequilibrando i divari, li sta consolidando”. Lo afferma Mariaelena Senese, segretario generale della Uil Calabria, che aggiunge: “Al 30 giugno 2025 le autorizzazioni uniche in Calabria sono 32, su un totale Mezzogiorno di 687: appena il 4,7% del complesso ZES, cioè meno di una autorizzazione su 20 è localizzata in Calabria”.

“Se anche consideriamo l’aggiornamento dei dati al 3 novembre 2025, l’aumento a 42 autorizzazioni, conferma come il peso relativo resta molto basso, perché nel frattempo – prosegue Senese - cresce anche il numero complessivo di autorizzazioni nel Mezzogiorno (865); la Calabria rimane quindi marginale nel quadro generale.

La Campania da sola conta 308 autorizzazioni al 30 giugno 2025, cioè quasi dieci volte la Calabria; la Puglia 164, oltre cinque volte la Calabria; perfino la Sicilia, con 100 autorizzazioni, triplica il dato calabrese.

Se si considerano regioni più piccole o con apparati produttivi meno estesi, come Basilicata (21 autorizzazioni) e Molise (16), la Calabria è sì sopra questi territori, ma il salto non è proporzionato alla maggiore popolazione e alla maggiore domanda di sviluppo: il dato calabrese si colloca in una fascia “mediobassa, non di traino.

I 168,9 milioni di investimenti associati alle autorizzazioni calabresi rappresentano meno del 5% dei 3.722,8 milioni complessivi del Mezzogiorno, confermando che non è solo “bassa la quantità” di progetti, ma anche la massa finanziaria attivata.

Le ricadute occupazionali stimate (530 posti) sono marginali rispetto ai 12.758 posti complessivi, con una quota intorno al 4%, troppo bassa per incidere realmente su disoccupazione e inattività che, in Calabria, restano tra le più alte del Paese.

In presenza di un quadro di forte agevolazione (ZES + credito d’imposta), il fatto che la Calabria esprima così poche autorizzazioni segnala criticità di contesto: infrastrutture e servizi poco competitivi rispetto a Campania e Puglia penalizzano fortemente la regione.

Le agevolazioni fiscali e il credito d’imposta ZES sono formalmente uguali per tutte le regioni interessate. Proprio per questa parità, l’investitore sceglie territori dove il contesto competitivo è migliore: porti e retroporti più efficienti, collegamenti ferroviari e autostradali più solidi, servizi alle imprese e alla persona più sviluppati, ecosistemi industriali già densi (come Napoli–Caserta, Bari–Taranto o l’asse catanese).

Il comportamento è razionale dal punto di vista delle imprese: se l’aliquota fiscale è uguale, ciò che fa la differenza sono, servizi pubblici locali, disponibilità di aree industriali attrezzate, logistica, qualità della pubblica amministrazione, capitale umano e filiere già esistenti, ambiti in cui la Calabria parte strutturalmente svantaggiata. Il risultato è che la ZES, invece di riequilibrare i divari territoriali, rischia di amplificarli: le regioni già relativamente più dotate di infrastrutture e servizi attraggono la maggior parte delle autorizzazioni, mentre alla Calabria restano pochi investimenti, frammentati e con ricadute occupazionali limitate”.

Si delinea così -conclude il segretario della Uil Calabria, Mariaelena Senese - un Mezzogiorno a due velocità, dove i grandi flussi di investimento si concentrano altrove lasciando la Calabria nel ruolo di area “agevolata sulla carta” ma poco scelta dal mercato”

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