La cosa che più ci consola è che in queste ore, i tributi verso Gianni Boncompagni si “sprecano” ma a giusta ragione. In Italia però non sempre funziona così, molte paternità a volte non vengono riconosciute o peggio sono mal attribuite. Per il maestro aretino, icona indiscusso della radio e in seguito della televisone di casa nostra, gli omaggi da parte degli adetti ai lavori, dei colleghi e naturalmente del pubblico, sono volti a celebrare una figura di grande spessore. E possiamo essere d’accordo non solo sulla intuitività del conduttore , autore , scenografo, regista e talent-scout, ma soprattutto sui marchi a fuoco, di fabbrica, che hanno reso celebri le sue performance. Ci va di pensare che Boncompagni ha sempre conservato una gioventù innata, in tutto quello che faceva, a prescinere dall’involucro corporeo che con il tempo sarebbe sfiorito; perché se dovessimo riferirci ad esempio, alla trasmissione che segnò il debutto del Nostro con la genuina complicità dell’altrettanto – in seguito - celebre Renzo Arbore, ebbene basti solo pensare all’avvertimento della sigla: “Bandiera Gialla, programma severamente vietato ai maggiori di anni 18” tra le note di “T Bird” di Rocky Roberts, che qualcuno avrebbe potuto anche pensare all’arrivo dei marziani. Infatti per certi versi è stato proprio così, si trattava extraterrestri giunti chissà da dove, bravi e capaci, da influenzare l’andamento delle vendite dei dischi nel nostro paese grazie ad una formula nuova e giovanilistica che prese possesso dell’etere monopolista della Rai a metà degli anni sessanta. Boncompagni faceva quello che non c’era e che si sarebbe fatto quasi subito dopo. Nel cuore degli anni settanta, con l’avvento delle prime radio libere , ci su una condivisione esasperata nelle produzioni delle neonate emittenti, con programmi che si sarebbero ispirati a format come “Bandiera Gialla” o “Alto Gradimento”, specie nei linguaggi supersonici che erano una cartteristica degli speaker, riflessi dall’innovatore che ci ha lasciati in queste ore. La musica, bella da proporre non solo in veste di conduttore ma anche da autore: Jimmy Fontana e la sua “Il Mondo” fanno il giro del pianeta , “But You're Mine” di Sonny Bono, adattata in italiano dallo stesso Boncompagni per Patty Pravo, diventa con “Ragazzo Triste” un inno generazionale, per non parlare delle vendite da capogiro quando firma successi dopo successi per Raffaella Carrà. (Nel 1965 debuttò anche come cantante, con il nome d'arte di Paolo Paolo, incidendo per la Rca Italiana). Dalla radio alla televisione il passo è breve; “Domenica In” è stato l’incubatore che racchiudeva una rubrica musicale con i fiocchi: quel “Discoring” , che condotto ed ideato dallo stesso Boncompagni , esaltava la figura del disc-jockey abile a scovare i dischi che sarebbero diventati dei successi nel giro di poche settimane, oltre a fornire notizie sugli artisti italiani e stranieri del periodo. Con i Bus Connection di “Guapa” insieme ad una leggiadra Gloria Piedimonte nella sigla di chiusura, trovò l’nnesima ispirazione luminosa. L’innovazione e la sperimentazione, segnate dal vivo interesse del pubblico, è stata una costante autorevole in tutto quello che Boncompagni aveva in mente, da sempre. Potremmo citare anche il resto di altri programmi famosissimi, come “Pronto Raffaella”, “Non è la Rai” o “Macao”, ma risultare noiosi e ripetitivi forse potrebbe annoiare e dunque fermiamoci qui, con il piacere di scovare in rete quello che ci siamo persi o dimenticato . Grazie Gianni.
Osvaldo Morisco