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"Draghe e Principesse": il teatro come strumento di crescita personale per le detenute di Castrovillari
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L'apertura al pubblico del laboratorio teatrale avviato il 12 febbraio, a cura di Ester Tatangelo e Stefano Cuzzocrea, sostenuto con i fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese, si svolgerà il 2 aprile nella Casa Circondariale di Castrovillari, e coinvolgerà le detenute e la comunità penitenziaria 

Castrovillari (CS) 30 marzo 2025 – Un percorso che è riuscito a coinvolgere un gruppo di donne in un viaggio di introspezione, creatività e rinascita attraverso il teatro. "Draghe e Principesse:viaggio nel mondo magico delle fiabe calabresi”, è un progetto di pedagogia teatrale rivolto alle detenute della Casa Circondariale di Castrovillari, che ha toccato elementi come la riscoperta di sogni e desideri, favorendo la socializzazione e il benessere psico-fisico delle partecipanti. 

Il laboratorio, avviato il 12 febbraio avrà una apertura pubblica il 2 aprile, è stato condotto dai pedagoghi Ester Tatangelo e Stefano Cuzzocrea, ed è ispirato alla raccolta di fiabe di tradizione orale dello studioso calabrese Letterio di Francia e dagli studi del filosofo Bruno Bettelheim, autore de "Il mondo incantato", in cui analizza le fiabe della tradizione europea tramite una lettura psicoanalitica di matrice freudiana e junghiana. 


«Per le donne beneficiarie del progetto, il teatro è stato un vero e proprio incontro: non lo hanno cercato, ma si sono ritrovate nello stesso luogo in maniera fortuita, e da lì si è generata la scelta di accogliere, conoscere, aprirsi all'esplorazione»sono le parole di Tatangelo e Cuzzocrea. «Siamo riusciti a coinvolgere 10 partecipanti con picchi di 15, un numero alto di donne rispetto alla media registrata negli ultimi anni, a partire dal 2020, che ha segnato un calo netto della motivazione della popolazione carceraria, sempre più refrattaria a impegnarsi in attività di formazione, come osservato dal personale penitenziario. La maggior parte di queste donne non avevano mai pensato di mettersi in gioco per andare in scena, ma alla fine anche le più riservate hanno scelto di partecipare all’apertura. È stato un percorso di scoperte, di cadute, ma anche di divertimento. Giorno dopo giorno si è instaurata una fiducia reciproca, costruita attraverso pratiche teatrali che hanno trasformato la percezione di sé delle beneficiarie del percorso».

Il lavoro è stato incentrato sulla fiaba "Chioccia d’Oro", una versione calabrese di Biancaneve, esplorata con le donne attraverso una narrazione collettiva. Le fiabe hanno il potere di illustrare percorsi di cambiamento e iniziazione, ci raccontano che tutto dipende da noi, dalla nostra volontà di avviare il processo di trasformazione. Come quella di Biancaneve, che descrive il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, tramite un racconto che si avvale di una simbologia, che è respiro dell'immaginario collettivo.

«Il sonno in cui cade Chioccia d'oro/Biancaneve, causato dal veleno, rappresenta una fase esistenziale di evoluzione: il processo di  trasformazione della protagonista, perché avvenga necessita di silenzio e concentrazione, un isolamento dal mondo,  condizione che richiama  quella delle detenute. Si tratta di un sonno evolutivo che può trasformarsi in un percorso di crescita».

Attraverso la simbologia della fiaba e con un lavoro minimale sugli oggetti scenici, le donne beneficiarie hanno esplorato i propri desideri espressi nei loro sogni onirici e ad occhi aperti, condivisi nella pratica orizzontale del cerchio che è diventato gradualmente spazio di fiducia, di riflessione e apertura, segnando un oggettivo passaggio di crescita per il gruppo.

 

«Ogni incontro con il gruppo di donne è stato un’occasione per  trasmettere elementi della pratica teatrale: tecniche per gestire l’ansia, riconoscere le emozioni,  trasformarle, liberando il corpo attraverso il training fisico, sublimando l'inquietudine attraverso il gioco, imparando ad ascoltarsi e a connettere il proprio mondo introspettivo con il mondo esterno. Strumenti utili non solo sulla scena, ma anche nella vita, dentro e fuori dal carcere» raccontano ancora i due artisti, colpiti positivamente dal clima di ascolto e dalla disponibilità che connotano l'interazione tra il personale della Casa Circondariale di Castrovillari  e le detenute, che vivono una condizione favorevole, rispetto ad altri istituti penitenziari italiani. A Castrovillari non ci sono problemi di sovraffollamento, ogni detenuta ha il suo spazio necessario, oltre alla possibilità di frequentare la scuola ed altre attività di formazione, che creano un ambiente che rende la detenzione più vivibile. 

«Il percorso con questo gruppo è stato intenso, forse troppo breve, e genera in noi il desiderio di curare un progetto più lungo, per avere il tempo necessario affinché emergano con maggiore profondità le potenzialità e la consapevolezza di queste donne. Speriamo che questo progetto possa essere un germoglio, un primo passo verso una nuova fiducia in loro stesse e nelle loro capacità di trasformazione».

Il laboratorio è finanziato dall'8 per Mille della Chiesa Evangelica Valdese, promosso dall'associazione Hermit Crab, in collaborazione con Associazione I Frati (Ex Convento) di Belmonte Calabro, e la Casa Circondariale di Castrovillari.

 

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