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Operazione 'Brother', sgominata piazza di spaccio in provincia di Cosenza
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Alle prime luci dell’alba, nei Comuni di Cosenza, Rogliano, Grimaldi, Malito e San Mango d’Aquino, i militari della Compagnia Carabinieri di Rogliano, supportati da personale da personale della CIO del 14° Battaglione Calabria e da unità cinofila dello Squadrone Eliportato “Cacciatori” di Calabria di Vibo Valentia, hanno dato esecuzione a n. 5 misure cautelari emesse dal G.I.P. presso il Tribunale di Cosenza nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di “detenzione e cessione di sostanze stupefacenti aggravata e continuata” e “favoreggiamento personale”. Per 2 di loro è scattata la custodia cautelare agli arresti domiciliari, mentre altri 3 sono stati sottoposti all’obbligo di dimora nei Comuni di Malito e San Mango d’Aquino. 

L’articolata indagine, condotta dai Militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Rogliano e dalla Stazione Carabinieri di Grimaldi e coordinata dal Procuratore della Repubblica di Cosenza, Dott. Mario Spagnuolo, è scaturita da un controllo effettuato, sul finire del mese di novembre 2018, nei confronti di 4 uomini, tutti residenti tra i Comuni di Malito e Grimaldi, che, alla vista di una pattuglia di Carabinieri, hanno cercato di liberarsi di un involucro gettandolo dal finestrino dell’autovettura a bordo della quale viaggiavano. L’azione, per quanto repentina, era stata però notata dai Carabinieri impegnati in un posto di controllo alla circolazione stradale e l’involucro era stato prontamente recuperato, appurandone il contenuto in alcune dosi di sostanza stupefacente del tipo cocaina. L’episodio ha così fornito l’input per avviare una complessa attività investigativa e, dagli approfondimenti investigativi eseguiti, ne è derivata la scoperta di come il centro storico del Comune di Malito, piccolo centro presilano della Valle del Savuto, fosse stato trasformato dai soggetti individuati, tutti originari dell’area, in una vera e propria piazza di spaccio.

Il market dello stupefacente era continuamente attivo: sostanze stupefacenti del tipo hashish e marijuana erano sempre disponibili per i clienti, anch’essi prevalentemente del posto o dei centri vicini, a qualsiasi ora del giorno. Se però l’avventore riusciva a far conoscere in anticipo ai pusher le proprie “necessità”, procurare anche stupefacente del tipo cocaina non sarebbe stato un problema. Ampi erano anche i margini di guadagno per gli spacciatori: dai 5 euro per una storia di marijuana oppure una birra di hashish, sufficienti a soddisfare la singola consumazione individuale, ai 500 per un pallone da quasi 200 gr. di marijuana, da poter condividere con più persone per un periodo di tempo più lungo; a richiesta erano inoltre disponibili vari quantitativi di cocaina per tutte le tasche, dai 60 euro per una pietruzza ai 1.000 euro per una pezzata. Tutti termini quelli elencati che ormai rientrano nel bagaglio lessicale comune ad ogni pusher.

Concordato l’appuntamento con un messaggio inviato mediante le moderne applicazioni di messaggistica, ecco avvenire lo scambio per strada, tra una stretta di mano e l’altra oppure nel corso di un breve saluto tra conducenti di autovetture, confusi fra i passanti, gli automobilisti e la normalità del vivere quotidiano. La cadenza degli scambi, prevalentemente serali, era pressoché oraria.

L’attività investigativa instancabilmente condotta dai militari della Benemerita, sia tramite l’intercettazione di numerose utenze telefoniche in uso agli indagati che mediante la strategica collocazione di diverse telecamere nel centro urbano di Malito, ha portato all’identificazione di 24 assuntori, nonché consentito di cristallizzare ben 63 episodi di cessione di sostanze stupefacenti. Oltre 200 invece quelli complessivamente ricostruiti a seguito dei contatti intercorsi tra venditori ed acquirenti in oltre un semestre di indagini. Gli spacciatori trovavano una soluzione per qualsiasi esigenza: se l’avventore non poteva muoversi da casa per qualunque ragione ovvero non era nelle condizioni di transitare per il centro storico di Malito, lo stupefacente gli veniva consegnato a domicilio oppure veniva fissato un appuntamento presso la vicina area di servizio usualmente denominata Savuto, lungo la S.S. 616. La gran parte degli avventori identificati, vista l’imponente mole di materiale probatorio raccolto dai Militari e per non rischiare di essere deferiti alla Procura della Repubblica di Cosenza per il reato di favoreggiamento personale, ha ammesso il proprio stato di dipendenza, formalmente riconosciuto gli spacciatori e fornito dichiarazioni utili per documentarne le responsabilità in modo ineluttabile.

Le intercettazioni e i pedinamenti meticolosamente operati dai Militari nei confronti dei numerosi indagati hanno consentito non solo di addivenire alla completa mappatura della fitta rete di relazioni esistenti tra i pusher malitesi, ma anche di individuare ed aggredire il livello criminale superiore: il canale di approvvigionamento così delineato, emerso via via anche grazie ai numerosi rinvenimenti di sostanze illecite e riscontri effettuati, ha permesso di risalire al fornitore cosentino dello stupefacente. Le sue responsabilità sono state documentate con riscontri oggettivi che hanno consentito alla Procura della Repubblica di Cosenza di chiedere ed ottenere misure cautelari personali anche nei suoi confronti.

Diversi poi i metodi escogitati dai pusher per trasportare lo stupefacente nella Valle del Savuto senza cadere nelle maglie dei controlli dei Carabinieri della locale Compagnia. Gli indagati erano infatti soliti organizzare meticolosamente l’approvvigionamento delle sostanze illecite, viaggiando a bordo di due distinte autovetture per minimizzare i rischi connessi: la prima, con a bordo un unico soggetto, svolgeva la funzione di vedetta, lanciando l’allarme ai complici in caso di avvistamento delle pattuglie dell’Arma, a seguire la seconda automobile, con a bordo il resto della banda e lo stupefacente, era invece pronta a cambiare in modo repentino il percorso in caso di necessità. Documentato in modo oggettivo è stato altresì il ruolo di una delle compagne dei pusher, oggi anch’essa destinataria di misura cautelare, sempre al seguito del proprio fidanzato per consentirgli di fornire un’immagine di apparente normalità agli occhi degli sconosciuti, nonché offrire un nascondiglio tra i propri indumenti intimi per occultare lo stupefacente in caso di eventuale necessità. Dunque, una squadra di persone esperte nel traffico dello stupefacente e molto affiatata quella smantellata oggi dall’Arma: a riprova, i componenti della banda erano soliti appellarsi l’un l’altro con il termine brother, fratello in lingua inglese, da cui il nome dell’operazione che oggi ha fatto scattare le manette ai loro polsi.

Contestualmente alle misure cautelari personali, i Carabinieri hanno eseguito anche 5 decreti di perquisizione domiciliare, emessi dalla Procura della Repubblica di Cosenza, nei confronti di altri soggetti anch’essi indagati in stato di libertà per “detenzione e cessione di sostanze stupefacenti in concorso”.

 

 

 

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