C’è un’Italia delle città che ha già cambiato passo. Che gestisce il ciclo dei rifiuti come e meglio di tante altre realtà europee, che si è lasciata alle spalle l’allarme smog e riportato l’aria a livelli respirabili, che ha cambiato stili di mobilità, trovato la formula giusta per depurare gli scarichi, contenere i consumi idrici e lo sperpero d’acqua potabile, che investe sulle rinnovabili, che ha significative esperienze di rigenerazione e rifunzionalizzazione degli spazi pubblici. Questa smartness, questa capacità di alcuni capoluoghi di proiettarsi verso un nuovo modello urbano - più sano, più vivibile, più accessibile, più efficiente, più moderno - emerge nitidamente dall’insieme dei dati di Ecosistema Urbano 2017 di Legambiente, l’annuale rapporto sulle performance ambientali delle città capoluogo realizzato con il contributo scientifico dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore. Attenzione, insomma, a non leggere queste esperienze come casi isolati, best practice solitarie. La risposta alle difficoltà delle città è nelle nostre mani. E oggi non solo conosciamo le soluzioni ai problemi concreti (traffico, inquinamento, rifiuti…) ma sappiamo anche che i centri urbani che più hanno puntato in questa direzione sono quelli più dinamici, che crescono di più e attraggono più turismo. Se è vero che persiste, ben salda, l’altra faccia della medaglia (i capoluoghi a tutt’oggi in allarme ora per lo smog e la congestione, ora per l’acqua o la fragilità dei servizi) è altrettanto evidente una dinamicità, un cambiamento, uno sforzo di uscire dal passato che ha contaminato diverse città, che è ben strutturato e che ha urgente bisogno di essere agevolato e sostenuto. Quella urbana è una grande questione nazionale. Non si può lasciare solo all’abilità e alla buona volontà di questo o quel sindaco la scelta se affrontare o meno - e con competenza ed efficacia - criticità, inefficienze, emergenze. Dalle amministrazioni locali si deve certamente pretendere molto più coraggio, molta più discontinuità e capacità di innovazione, ma nello stesso tempo è il Paese che deve fare un investimento politico ed economico e mettere tra le priorità di governo un piano per traghettare le città, tutte insieme e non una alla volta, al di là delle secche. Si potrebbe esser tentati di estrarre una immodificabile formula matematica dai dati di Ecosistema Urbano. Affermare che la qualità ambientale è cosa che appartiene in via esclusiva alle piccole e medie città del Nord sarebbe però parziale e iniquo rispetto ad alcune realtà che si danno da fare, lavorano e si trasformano anche in altre aree del Paese. Oristano, in Sardegna, è una di queste. Figura nella top ten dei capoluoghi, ricicla più spazzatura (oltre il 70%) di tanti Comuni settentrionali ed è protagonista di un buon incremento del fotovoltaico pubblico. Cosenza tra 2011 e 2016 è balzata dal 21% al 53% di raccolta differenziata. Pesaro, centro Italia, non è tra le primissime, ma è tra quelle dove si notano più passi avanti, in modo particolare nel campo della mobilità nuova. Così come Milano, che di sicuro non è una cittadina di provincia e che nel corso degli anni s’è via via lasciata alle spalle il fondo della classifica.