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Occupati in Calabria, andamento negativo
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La situazione occupazionale fotografata dai dati dell'Osservatorio Economico-Territoriale delle Politiche del Lavoro della Regione Calabria nella commissione competente Presieduta dalla consigliera Annalisa Apicella

La curva degli occupati in Calabria fa registrare un costante andamento negativo, con un'accentuazione maggiore nell'ultimo periodo. Nel 2004 si contavano 619 mila occupati in Calabria. Adesso se ne contano 527 mila, con una perdita di più di 100 mila persone che non lavorano più. Nell'ultimo anno la perdita è di più di 25 mila persone in situazione occupazionale. A fronte di una leggera contrazione del numero dei disoccupati, dato fortemente condizionato dalla diminuzione della popolazione, nell'ultima rilevazione sono 132 mila persone che versano in condizione di disoccupazione in Calabria. A completare il quadro,  i cosìddetti inattivi, cioè, coloro che né lavorano, né lo cercano, per tutta una serie di motivi e che non costituiscono più, come gli occupati e i disoccupati, forza lavoro attiva, gente, cioè, che lavora e che se perde il lavoro, è continuamente alla ricerca. Gli inattivi attualmente in Calabria sono un esercito di 600 mila persone. Un dato macroscopico e che deve far riflettere, perché dal 2005 in poi la quota di popolazione inattiva risulta sempre maggiore alla quota di popolazione che lavora. In altri termini, per ogni occupato ve ne sono più di tre che versano, a diverso titolo, in situazione non lavorativa. Dal punto di vista del carico sociale è questa una situazione molto critica e che bisogna assolutamente correggere. Lo squilibrio tra inattivi e occupati in Calabria è un dato consolidato già dal 2005. La crisi pandemica ha funzionato come una lente d'ingrandimento, mettendo in evidenza in maniera macroscopica alcuni problemi strutturali che erano già presenti in Calabria. Sono questi alcuni dei dati forniti dal dottor Cosimo Cuomo, Dirigente di settore del dipartimento lavoro della Regione Calabria ospitato nella seduta consiliare che la commissione strategie attive per il lavoro del Comune di Cosenza, presieduta dalla consigliera Annalisa Apicella, ha dedicato all'analisi dei dati scaturiti dall'Osservatorio economico-territoriale delle politiche del lavoro della Regione Calabria di cui il dottor Cuomo è responsabile. La seduta di commissione è stata introdotta dalla stessa Presidente Apicella che ha sottolineato come “nella lettura dei dati dell'osservatorio sulle dinamiche del lavoro e sul mercato del lavoro è apparso come un dato di particolare rilievo la perdita di residenti registratasi negli ultimi mesi. Nel 2020 hanno lasciato la Calabria 15 mila residenti. Questo dato – ha aggiunto Apicella - si è inserito in un trend che era già di per sé negativo e che la crisi pandemica non ha fatto altro che accentuare. Il gap di decrescita demografica in Calabria è eccessivo, risultando molto più ampio rispetto al resto del Paese. Cosenza e la sua provincia sono le realtà più dinamiche dell'intera regione, sia per la percentuale di popolazione residente, pari al 36% di tutta la regione, sia per i dati economici che essa rappresenta. Se a fronte di questo, si valuta la situazione degli occupati, a tempo indeterminato e a tempo determinato, si evince che gli occupati a tempo indeterminato (le persone più garantite) sono una percentuale bassissima. A rendere la situazione drammatica è che su questi dati – ha aggiunto Apicella - si inseriscono quelli relativi all'abbassamento della popolazione residente, all'aumento della mortalità e del numero delle persone inoccupate che stanno a carico di quelle occupate”. Come intervenire? E' la stessa Presidente della commissione consiliare a tracciare le linee. “Intanto – ha affermato -bisognerebbe intervenire  massicciamente a livello statale, con politiche di sostegno alla famiglia, ma soprattutto sulle competenze medie perché in Calabria c'è un sistema di professionalità non specialistico. Il settore più importante, per tutta la regione, ma anche a Cosenza, che è la provincia più dinamica, economicamente più presente e più vivace – ha fatto rilevare Annalisa Apicella -  è l'agricoltura. In agricoltura quasi il cento per cento dei profili impiegati non ha competenze specialistiche. Questo dato si può invertire coinvolgendo sicuramente la politica, ma tutti gli attori della formazione, partendo dalle scuole secondarie di secondo grado specialistiche. Non parlo dei licei classici o scientifici, ma degli istituti professionali. E' lì che dal terzo anno in poi, tra i ragazzi che vanno via ad infoltire le fila della dispersione scolastica e quelli che, invece, si disperdono in un diploma qualsiasi, si può intervenire per farli partecipare a corsi di formazione specialistica e provare a creare delle figure specializzate” Cosa può fare il Comune in un simile contesto? “Dobbiamo intervenire- ha detto ancora Apicella - laddove verifichiamo che alcune politiche cittadine ed anche urbanistiche possano compromettere una realtà vivace come la nostra. Bene ha fatto l'Amministrazione in questi anni, con il suo dinamismo culturale e anche turistico a realizzare alcune buone pratiche, come l'apertura dell'ultimo tratto di Corso Mazzini, inserendo ulteriori opere d'arte del MAB che fungono da  attrattori culturali, così come l'avere aperto così tanti musei. Dobbiamo, insomma – ha concluso Apicella - attingere con ancora maggiore vigore a quelli che sono fondi regionali, europei, e di derivazione governativa che possano attrarre sempre di più la presenza di altre persone in città, ovviamente una volta che sarà finita la crisi pandemica. Anche il terziario e il commercio vanno incoraggiati, con politiche di incentivo e di sostegno. Infine, bisognerà suggerire alle imprese del territorio la possibilità di dotarsi di determinati strumenti giuridici e contrattuali per meglio agevolare il sistema attrattivo della forza lavoro e soprattutto dare risposte ai nostri ragazzi”. Dai dati dell'Osservatorio economico-territoriale delle politiche del lavoro della Regione Calabria, riferiti in commissione dal dottor Cuomo, emergono altri aspetti interessanti.  Ad esempio che la quota di disoccupati che in Calabria ha avuto un contatto con il centro per l'impiego corrisponde a circa al 40%, mentre in provincia di Cosenza questa percentuale sale al 47,5%, il che vuol dire che Cosenza esprime una sua dinamicità. Ci sono poi i dati che attestano quante persone della provincia di Cosenza hanno avviato un rapporto di lavoro fuori dal territorio provinciale se non in altre regioni d'Italia: su 9546 attivazioni di lavoro, 1987 sono state quelle in una regione diversa e 411 in un domicilio diverso della provincia. Inoltre, più di 2 mila persone hanno trovato lavoro, nel primo semestre del 2020, da Cosenza verso altre regioni. Tra questi che vanno fuori regione c'è una parte consistente della provincia che ha un titolo universitario. “Una perdita di potenzialità, di sviluppo e di ricaduta sul territorio che forse – ha detto il dottor Cosimo Cuomo -non ci possiamo permettere”. Cuomo ha, infine riferito un dato che riconosce l'eccellenza e l'ottima performance dell'ateneo di Arcavacata, da cui sono partiti per essere collocati nel mondo del lavoro, in provincia di Cosenza, nell'ultimo semestre del 2020, 964 ingegneri. “E' vero – ha concluso Cuomo - che la Calabria ha una forte criticità sul piano dell'occupazione, ma alcune variabili dipendono dal fatto che abbiamo una popolazione in fase di contrazione. Abbiamo però territori che esprimono vocazioni da cui poter ripartire. Ci sono sufficienti elementi per impostare un buon lavoro nei prossimi mesi perché è già partita la fase di programmazione del nuovo ciclo 2021/2027. Abbiamo, inoltre, a disposizione  tutta una batteria di strumenti collegati agli obiettivi dell'agenda 2030 che mette a disposizione delle risorse per i territori e poi c'è tutta la partita del Recovery fund”. Alla seduta di commissione hanno preso parte anche il responsabile del Centro per l'impiego di Cosenza Giovanni Cuconato e Serafino Perri che nello stesso Centro dell'impiego è responsabile del servizio di incrocio domanda/offerta oltre che della Rete Eures che ha contatti con altri centri sparsi in Europa. Nel corso della seduta sono intervenuti alcuni consiglieri comunali. Giuseppe d'Ippolito ha ravvisato “la necessità di mettere in campo delle proposte concrete che possano essere d'aiuto alla soluzione dei problemi, nella consapevolezza che le decisioni che il nostro consiglio comunale assume possano incidere sullo stato occupazionale della città. L' ente locale – ha aggiunto d'Ippolito- in diversi modi può dare un contributo allo sviluppo economico della città di Cosenza”. Di “situazione drammatica” ha parlato Bianca Rende, impressionata dal dato della “rinuncia alla ricerca di lavoro, complice la rassegnazione generale e la mancanza di opportunità”. “Discutibile - è stata definita dalla Rende- la scelta di intervenire con un reddito di cittadinanza che non è un reddito di inclusione attiva che induce all'inserimento nella vita lavorativa e professionale, ma è un reddito di sussistenza e di mantenimento”. Rende ha poi parlato ancora di “stagnazione aggravata dell'andamento demografico che ci pone di fronte all'invecchiamento della popolazione, e che ha ridotto l'indice di natalità, per mancanza di condizioni economiche stabili”. Come uscirne? “Se molti fondi sono stati spesi ed anche sprecati in questi lunghi anni di regionalismo e se le politiche per il lavoro e la formazione professionale sono state fallimentari – ha aggiunto - le speranze sono ora legate ai fondi per la nuova programmazione e anche ai fondi del Recovery che insieme potranno ricreare un tessuto connettivo soprattutto imprenditoriale”. La serie degli interventi è stata chiusa da Andrea Falbo per il quale “il problema è strettamente politico e legato a una serie di strategie  sul lavoro che in tutti questi anni non ci sono stati e che hanno portato la Calabria ad essere fanalino di coda non solo in Italia, ma in tutta Europa. Solo nel 2018 (secondo l'ultimo rapporto Svimez) 15 mila calabresi – ha aggiunto Falbo -sono emigrati per lavoro. La prima criticità è che non si fa rete tra politica e Università e quindi con la formazione e con il territorio ed anche con i Comuni. Abbiamo una responsabilità verso i cittadini che è quella quanto meno di indicare delle strade. Dobbiamo essere uniti e chiedere con forza che i fondi in Calabria devono arrivare. Il 70% deve essere riservato al Mezzogiorno”.

 

  

 

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