Rosa, Delia, Saida sono solo alcune delle 97 vittime di femminicidio dell’anno in corso, in memoria delle quali abbiamo depositato un fascio di fiori sulla panchina rossa della Camera del Lavoro di Cosenza, unitamente ai loro nomi, perché le vittime non sono numeri, ma volti, storie, persone ed energie positive sottratte alla collettività .
Un’emorragia che non si riesce a frenare per la mancanza di politiche sulla prevenzione, sul finanziamento dei centri antiviolenza, sulla vicinanza delle Istituzioni e soprattutto sull’aspetto culturale.
Nei femminicidi la donna non e’ solo la vittima del reato, ma il movente stesso di una violenza che sprigiona da un modello sociale fondato sul dominio maschile, incapace di concepire la donna come persona scollegata dalla funzione precisa di procreazione e cura familiare che l’impostazione patriarcale le ha dato. Non solo mancano politiche idonee ad invertire la tendenza, ma assistiamo a tentativi di negazione del problema da parte di chi invece dovrebbe farsene carico.
Le recenti dichiarazioni del Ministro Valditara indignano e preoccupano. Considerare il patriarcato fenomeno concluso col superamento delle disposizioni legislative che ne erano più marcata espressione, significa negarne la sua dimensione culturale, profondamente radicata nella nostra società e di cui la violenza omicida, che non ha colore di pelle, e’ solo una delle conseguenze allarmanti e pregiudizievoli. Il tentativo di collegare il fenomeno alle condizioni di marginalità dei migranti e’ un esempio chiaro di un maschilismo che si auto-assolve e che quindi alimenta una piaga ormai insorpottabile e che produce effetti notevoli in diversi ambiti del vivere femminile.
Le difficoltà di accesso al mondo del lavoro sono decisamente cruente per le donne, che infatti sono occupate per lo più con contratti precari, part-time, a termine, stagionali o intermittenti. Le lavoratrici soffrono ancora un divario salariare medio del 12% in Europa, che arriva in Italia al 28% su base giornaliera e addirittura al 40% su base annuale. Per questo e’ fondamentale che ci sia un rapido recepimento della Direttiva comunitaria in materia trasparenza salariale e divario di genere e soprattutto che questo si percepisca come problema effettivo che grava sulla dignità del lavoro e sulla crescita collettiva.
Le pensioni maschili superano quelle femminili di circa il 60%., così come la crescita professionale e il raggiungimento di posizioni apicali da parte delle donne e’ decisamente inferiore a quelle degli uomini. Nel mondo della cultura solo il 27% dei professori ordinari sono donne e non certo per la minore capacità di superamento dei concorsi. A peggiorare la situazione sono le carenze di un sistema di welfare inefficiente, che gravano solo sulle spalle femminili, tanto che il tasso di uscita dal mondo del lavoro in concomitanza della nascita di un figlio ‘e ancora alto e indice di una società incapace di rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena uguaglianza di genere.
Serve subito una legge che distribuisca in modo paritario su entrambi i genitori i congedi parentali, per evitare che questi siano occasioni di discriminazione di genere e serve investire ingenti risorse sui servizi pubblici, sugli asili nido e sulla rete di cura alla persona. Cosa che non si intravede in questa scellerata legge di bilancio che contrasteremo con lo sciopero generale del prossimo 29 novembre. Ma ciò che serve più di ogni altra cosa e’ una svolta culturale che responsabilizzi tutti , perché le vere battaglie si fanno su questo fronte, di cui le innovazioni legislative sono solo una logica conseguenza.
Segreteria CGIL Cosenza