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L'OMICIDIO CHE SEGNO' LA FINE DELLA GUERRA TRA I CLAN
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(Ansa) L'omicidio di Francesco Marincolo, per il quale la Dia di Catanzaro ha arrestato oggi presunti autori e mandanti, segnò la fine della sanguinosa guerra di mafia combattuta a Cosenza tra il 1999 ed il 2000, fra il clan confederato Lanzino-Cicero ed il gruppo dei Bruni "Bella bella". Con tale omicidio, secondo gli investigatori, i gruppi criminali cosentini raggiunsero una pax mafiosa che prevedeva un patto di non belligeranza e la spartizione equa, tra i gruppi, dei proventi delle varie attività illecite. Gli arrestati sono Giovanni Abruzzese, di 59 anni, Carlo Lamanna (51), Mario Attanasio (46) e Umile Miceli (42), tutti ritenuti stabilmente inseriti nella criminalità mafiosa cosentina. Oltre che dell'omicidio di Marincolo, ritenuto uno dei killer del gruppo Ruà-Lanzino, anche del tentato omicidio di Adriano Moretti, cognato del boss Gianfranco Ruà, che si trovava in auto insieme alla vittima ma anche non era obiettivo dei sicari. L'omicidio, secondo l'accusa, fu deciso, oltre che per affermare la supremazia criminale della cosca di appartenenza, per la voglia di vendetta da Michele Bruni contro i clan avversi responsabili, tra gli altri, dell'omicidio del padre Francesco, avvenuto nel luglio 1999, e dell'omicidio di Antonio Sena, avvenuto nel maggio del 2000. Secondo la ricostruzione della Dia, corroborate dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia, a sparare sarebbe stato il defunto Michele Bruni, dopo aver affiancato l'auto della vittima a bordo di una moto guidata da Lamanna e risultata rubata alcuni giorni prima sul lungomare di Paola; Abruzzese avrebbe partecipato alla fase deliberativa dell'omicidio, in considerazione dell'alleanza, al tempo, fra il clan Bruni "Bella bella" e quello degli "Zingari"; Umile Miceli avrebbe studiato le abitudini della vittima e avrebbe datto da "palo"; Attanasio avrebbe fornito l'appoggio logistico. 

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