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COSENZA, SMANTELLATO GRUPPO DI SPACCIATORI IN CENTRO
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Nella mattinata odierna, personale della Sezione di Polizia Giudiziaria - aliquota Polizia di Stato - della Procura della Repubblica di Cosenza, con l’ausilio di personale della Squadra Mobile della Questura di Cosenza e del Reparto Prevenzione Crimine Calabria Settentrionale di Rende (CS), ha dato esecuzione all’Ordinanza di Applicazione di Misura Cautelare n. 5171/17 RGNR e n. 2101/2018 R. GIP, emessa il 12.10.2018 dal GIP presso il Tribunale di Cosenza e richiesta da questa Procura, nei confronti di tre persone, cui è stata applicata la custodia cautelare in carcere, quattro persone cui è stata applicata la custodia domiciliare ed una persona, cui è stata applicato l’obbligo di presentazione alla PG.

Ai predetti viene contestato, in più occasioni, la maggior parte dei quali in concorso tra loro, il reato di cui all’art. 73 commi 1 o 5 del D.P.R. 309/90, in quanto ritenuti responsabili di diversi episodi di cessione di sostanza stupefacente (trenta i casi contestati) in particolare “cocaina” e “marijuana”.

In alcuni degli episodi di cessione contestati, alcuni degli odierni indagati, da fornitori, hanno rivestito il ruolo di “vittima-assuntore” della sostanza stupefacente acquistata da altri indagati.

Viene altresì contestato, a due indagati, in concorso tra loro, il reato di cui all’art. 629 c.2 in relazione all’art. 628 cpv  n. 1 c.p.

L’indagine ha preso il via all’indomani della denuncia sporta da una “madre coraggio” che, nel mese di ottobre dello scorso anno, stanca delle continue vessazioni a cui era sottoposta dal figlio - minacce e lesioni per ottenere somme di denaro da utilizzare per l’acquisto della sostanza stupefacente del tipo “cocaina”-, tossicodipendente e ricoverato in “doppia diagnosi” presso una casa di cura dell’hinterland, si determinava a denunciare i fatti.

Le indagini, svolte nell’arco di quasi un anno dalla prima denuncia, si sono sviluppate secondo i consueti canoni investigativi e sono consistite, in particolare, in intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti e appostamenti che hanno permesso di riscontrare l’attività di spaccio posta in essere dagli indagati.

Va sottolineata la complessità dell’azione investigativa della P.G. operante, che ha dovuto svolgere parte delle indagini in contesti ambientali diffìcili in cui quasi tutti gli indagati operavano, ovvero i rispettivi quartieri di residenza che, in alcuni casi erano diventate vere e proprie piazze di “spaccio” .

La maggior parte degli indagati, infatti, avevano messo in atto un sistema di “spaccio” collaudato, perlopiù operando direttamente dalle rispettive abitazioni, seppure alcuni sottoposti agli arresti domiciliari.

Per sottolineare ulteriormente la pericolosità degli indagati, giova precisare che uno di loro consegnava dosi di cocaina all’interno della struttura sanitaria in cui un giovane tossicodipendente si trovava sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata e ricoverato in “doppia diagnosi” - si tratta di un regime di ricovero per pazienti affetti da disturbi psichiatrici dovuti all’abuso di sostanze stupefacenti

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