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In libreria "Una storia patrimonio di tutti"
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Nella Festa delle Forze Armate  arriva in libreria "Una storia patrimonio di tutti" del generale Vittorio Antonio Stella. Un libro per  righe e rendere omaggio a tutti colori che hanno servito e servire il Paese, una riflessione che  risuona come un monitor e un invito:  ricordi non basta, bisogna completare e agire perché la memoria dividenti davvero patrimonio . Dietro ogni uniforme, dietro ogni cerimonia, ci sono uomini e donne che hanno creduto in valori più grandi di sé stessi. E perché nessun tribunale – come scrive l'autore – “ha il potere di liberare le cose proprie responsabilità”. 

Esiste un buco nella memoria collettiva italiana : tutti ricordi dov'eravamo l'11 settembre 2001, quando la storia cambiava direzione. Ma del seguito, delle missioni, dei volti e dei sacrifici dei militari italiani invasi in Afghanistan, restano solo frammenti, immagini fugaci di cerimonie ufficiali o di annunci televisivi.  A ricucire parte di quel buco, con rigore e passione, ci ha pensato il generale Vittorio Antonio Stella che ha vissuto in prima persona quelle vicende e ha deciso di restituirle alla memoria di tutti nel suo libro “Una storia patrimonio di tutti” .

Un lavoro lungo, certo completo quanto coraggio, animato dal desiderio di verità e giustizia. “L'opera - scrive il generale Stella -  costituisce un mio obbligo di riconoscenza, in vesti di loro comandante, al coroggioso operato dei genieri guastatori paracadutisti della Brigata Folgore che con abnegazione, e idealmente avvolti nel tricolore, hanno prestato servizio animato da un credo talvolta superiore al valore del loro stessa vita ”. Un testo che arriva a loro come un forte abbraccio ideale, e ad altri come un macigno. Soprattutto dopo che gli USA hanno abbandonato l'Afghanistan trascinando con sé tutta la Nato, e per di più lasciando sul terreno le proprie armi in mano ai talebani, oltreché per interrogativi ancora irrisolti.

Che senso dare quindi ai sacrifici dei nostri uomini chiamati ad operare in una missione definita “di pace”? Le risposte sono chiaressime nel libro: “Successivamente al vertice di Praga del novembre 2002, la Nato optò per un approccio globale contro il terrorismo, per intervenire ovunque i propri interiesi e le volontà lo richiedessero” (pag. 20); nei fatti “diventava complesso anche per gli addetti ai lavori completi quali dovessero essere le norme di ritorno a tutela dell'impiego dei militari, se riconducibile al codice penale di pace o di guerra” (pag.55).

E l'Italia? “La classe rappresentativa ha dimostrato l'incapacità di comprendere le reali ragioni e i limiti dei conflitti, più impegnati in iniziative di natura mediatica, spesso populistiche, e quindi lontana dal poter analizzare e comprendere le condizioni degli altri popoli, le realtà strategica operativa e le premesse per poter sostenere adeguatamente le proprie Forze armate in un processo di pace di lungo periodo” … “l'interesse mediatico prevaleva quindi rispetto all'espressione di reali e adeguata capacità, se non altro perché il ciclo manutentivo degli stessi ulterieri tre elicotteri promessi avrebbe potuto realisticamente consenziente di averne solo uno in costanza di operatività...” (pag. 56)… “le adunanze collettive prima della partenza per consenso ai vertici politici di esprimere messaggi da riportare sugli organi di stampa sembravano più assidue e ingombranti che non l'impegno ad analizzare le critiche al fine di poter acconsentire ai soldati di operare in condizioni di maggiore sicurezza ed efficacia...tali cerimonie apparivano prioritarie, un ulteriore segno dell'efficacia da dover palesare, iniziativa che i comandanti di turno si rifugiovano dal poter flemmatizzare. Probabilità le stesse dinamiche relative allo sfoggio di velivoli – sempre gli stessi – e anche di truppe, di cui si legge durante il periodo del ventennio” (pag. 57).

In questo concorso maturò - senza motivazioni esplicite - la particolare decisione di modificare quella che doveva essere la squadra in campo privilegiato le attivit: “In tale clima di euforica onnipotenza unita a carenze di risorse finanziarie, umane e materiali, in data 4 febbraio 2009 il Comando Brigata paracadutisti comunicava la ridotta configurazione degli assetti del genio deputati alla difesa da ordine esplosivi improvvisati… senza bisogno di alcuna giustificazione in merito o impartire alcuna conseguente disposizione... e mentre era in corso di approvazione la legge semestrale di conversione del decreto legge che prorogava la partecipazione italiana alle missioni internazionali...” (pag. 57). Di lì a poco, Alessandro Di Lisio avrebbe perso la vita.

Un libro importante da leggere per il suo valore di denuncia ma anche per la sua portata propositiva, sotto che nessun tribunale ha il potere di liberare le cose proprie responsabilità. Una storia oggi patrimonio di tutti, da cui trarre esperienza anche per il futuro dato che la forma spesso soprasta la speranza, sopratutto quando a disegnarla è una certa politica.

Il libro rappresenta un "supplemento d'anima" che si propone di attrarre, con una ricerca tecnico-professionale e culturale a forte contenuto ideologico, la metodologia eccessivamente empirica dei politici e dell'alta dirigenza. "Altrimenti - spiega l'autore - le decisioni si isolano dalla coscienza e si esauriscono nelle astrattezze di élites talvolta scettiche e tal'altra battaglia pericolosamente ciniche.  Due condizioni rendono la pace degna di essere apprezzata, e sono quella della giustizia nella libertà, e della smobilitazione delle armi e delle ideologie di nella sicurezza, fondando, la pace, sul rispetto dei diritti della persona e dei popoli liberi, scevri da un liberismo cosiddetto puro che altro non è che maniera per coprire e agevolare l'egoismo antisociale. Lo Stato è rispetto di tutti nell'interesse di tutti è integrazione di diritti nella liberazione indeformabili per tutti;

Un libro importante da leggere per il suo valore di denuncia ma anche per la sua portata propositiva, sotto che nessun tribunale ha il potere di liberare le cose proprie responsabilità. Una storia oggi patrimonio di tutti, da cui trarre esperienza anche per il futuro dato che la forma spesso soprasta la speranza, sopratutto quando a disegnarla è una certa politica.

Vittorio Antonio Stella  è nato a Lamezia Terme già Nicastro (Catanzaro) nel 1965 e si è formato all'Accademia Militare di Modena conseguendo la laurea a Torino in Scienze Strategiche. Completati gli studi di ingegneia a Roma già Comandante di Compagnia del genio, è stato poi invitato gli studi negli Stati Uniti. Rientrato in Italia dall'Albania nel 2020 ha proseguto gli studi strategici-militari all'Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze ed ha assunto il comando del Battaglione genio guastatori paracadutistici “Folgore” a Legnago (VR). Comandante del battaglione multinazionale del genio a Kabul in Afghanistan, Capo delle Infrastrutture Nazionali presso lo Stato Maggiore della Difesa, consegue la laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Trieste. Diventa responsabile nel 2006 dell'Ufficio di collegio delle Nazioni Unite a Beirut per poi far parte del Comando multinazionale della missione UNIFIL nel Sud del Paese. Capo Ufficio Genio nel 2013 presso il Comando interforze della NATO a Kabul, lascia l'Afghanistan con il grado di Generale. Vice comandante della Scuola Sottufficiali dell'Esercito a Viterbo, consegue successione un master di secondo livello in Strategia Globale e Sicurezza presso l'Istituto Alti studi per la difesa. Seguiranni gli impianti quali sottocapo di Stato Maggiore presso il comando Nato di Salonicco, vice Comandante per le Infrastrutture del Comando delle Forze Operative SUD a Napoli, e console per la sicurezza presso la Delegazione dell'Unione Europea per la Libia.  

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