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Coronavirus, il primo farmaco che sa neutralizzarlo
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E' un anticorpo monoclonale. Dubbi sugli anti-infiammatori
(di Enrica Battifoglia) (ANSA)  Finora si sono utilizzati farmaci nati in passato per altre malattie, come quelli anti-Aids o quelli contro l'artrite reumatoide, ma finalmente è stato messo a punto il primo farmaco progettato espressamente per aggredire il coronavirus Sars-CoV2. Si lavora intanto su più fronti, dalla possibilità di utilizzare il plasma delle persone guarite all'uso sperimentale di farmaci nati per altre malattie. Dalla Francia sono invece arrivate oggi serie perplessità sui farmaci anti-infiammatori. Si procede intanto un passo dopo l'altro ed è senz'altro incoraggiante quello che ha portato al primo farmaco dedicato al coronavirus, descritto sul sito BioRxiv dal gruppo dell'Università olandese di Utrecht guidato da Chunyan Wang. Ci vorrà comunque tempo prima che il farmaco sia disponibile: al momento è infatti al chiuso dei laboratori dell'Università olandese di Utrecht e deve affrontare la lunga serie di sperimentazioni sugli animali e poi sull'uomo prima di arrivare in commercio. Gli stessi ricercatori hanno detto alla Bbc che saranno necessari mesi prima che il farmaco sia disponibile perché dovrà essere sperimentato per avere le risposte su sicurezza ed efficacia. Il farmaco è un anticorpo monoclonale specializzato nel riconoscere la proteina chiamata 'spike' (punta, artiglio) o semplicemente indicata con la lettera S, che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie umane. E' la più potente arma del vaccino e per questo è stata subito studiata in tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Cina, fino a ottenere la struttura molecolare e perfino a vederla in azione mentre invade le cellule, grazie all'aiuto di potentissimi microscopi. Non è comunque l'unico fronte di ricerca: lascia sperare anche la possibilità di utilizzare il plasma di pazienti guariti dalla Covid-19, con alti livelli di anticorpi: è l'obiettivo del protocollo firmato in Italia da alcuni centri regionali con capofila il Policlinico San Matteo di Pavia. Per le infusioni di plasma ai malati si attende adesso il via libera dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss). C'è ottimismo anche sul farmaco contro l'artrite reumatoide tocilizumab, la cui sperimentazione è partita da Napoli e si sta progressivamente estendendo in altre regioni, dalla Toscana alla Puglia e alla Calabria, fino alla Lombardia e alle Marche. La Roche ne ha annunciato la distribuzione gratuita. "Si sono fatti studi in Cina su grandi numeri di pazienti, in Italia lo stiamo studiando, ma è ancora presto per trarre conclusioni", ha osservato Giuseppe Remuzzi, dell'Istituto farmacologico 'Mario Negri' di Bergamo. Le armi principali attualmente utilizzate sono comunque le combinazioni sperimentali dei vecchi farmaci anti-Aids, progettati per bloccare l'enzima che permette al virus Hiv di penetrare nelle cellule. Ha messo invece sul chi vive il ministro francese della Salute, Olivier Véran, che ha affidato a un tweet l'affermazione che prendere farmaci anti-infiammatori, come quelli a base di ibuprofene o di cortisone, "potrebbe essere un fattore aggravante dell'infezione" nei malati di coronavirus. "In caso di febbre, prendete del paracetamolo, ha aggiunto". Una delle possibili controindicazioni di questi farmaci è che in alcuni casi potrebbero provocare insufficienza renale, ha rilevato Remuzzi. Quanto al cortisone, ha aggiunto, "ci sono dati a favore e dati contro: dipende da quando e come viene somministrato e a quali pazienti". Si lavora senza sosta e "presto - ha detto Remuzzi - troveremo la soluzione sia per i farmaci sia per il vaccino".

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