Grande partecipazione di pubblico al Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza per la presentazione di “Settembre nero” (La nave di Teseo), l’ultima opera di Sandro Veronesi. Così, la Decina 2025 del Premio Sila ha visto protagonista uno dei maestri indiscussi della narrativa italiana contemporanea, che ha condotto il pubblico in un affascinante viaggio nella Versilia del 1972, esplorando con straordinaria sensibilità i territori della memoria, del cambiamento e della maturazione personale. A dialogare con Veronesi, il presidente della Fondazione Premio Sila, l’avvocato Enzo Paolini. L’attenzione si sposta ora sull’attesa conferenza stampa che si terrà nei prossimi giorni, durante la quale verrà annunciata la Cinquina finale.
Cosenza 11 maggio 2025 - Ci sono luoghi che sanno custodire le storie. Sono nati per far questo. E il Museo dei Brettii e degli Enotri, ieri sera, è stato il palcoscenico perfetto per l’ultimo incontro della Decina 2025 del Premio Sila.
Un pubblico numeroso ha accolto Sandro Veronesi. Due volte vincitore del Premio Strega. Nella Decina 2025 del Sila con “Settembre nero” (La nave di Teseo), il suo ultimo romanzo.
Veronesi è stato introdotto dalla direttrice del Sila, Gemma Cestari, e accompagnato dall’avvocato Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila, le cui riflessioni hanno ispirato lo scrittore e aperto un varco per esplorare in profondità quel periodo della vita, centrale nel libro, che è l’adolescenza.
Attraverso la storia di Gigio Bellandi, dodicenne, si racconta di un'esistenza irrimediabilmente segnata, scolpita e trasformata per sempre, durante un’indimenticabile estate versiliana del 1972…
Un romanzo di crepe e di luce
«Questo è un romanzo di crepe – ha rivelato Veronesi durante l’incontro – perché è un romanzo pieno di luce, ma la luce che passa attraverso le crepe».
L’autore ha condiviso una fonte d’ispirazione fondamentale per la sua opera: «C’è una frase di Leonard Cohen che non è presente nel romanzo, ma che mi ha ispirato: “C’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce”.
Un’altra frase che ho tenuto davanti agli occhi mentre scrivevo è di Paul Éluard: “Esiste un altro mondo, ma sta dentro a questo mondo”. Per un dodicenne basta accostare l’orecchio alla parete, basta guardare attraverso uno spiraglio, e scopri che esiste un altro mondo che è contenuto nel mondo in cui si vive».
La direttrice Gemma Cestari, ha sottolineato come il romanzo parli a tutte le generazioni: «Questo non è un libro di una generazione, è un libro in cui molti si riconosceranno, ma è un libro che forse piacerà ancora di più ai giovanissimi perché sono contigui a quel mondo. Veronesi riesce davvero a cogliere la grazia, la luminosità di quei momenti di passaggio. Anche il dolore, la sofferenza, le domande su di sé. Ci si ritrova come in uno specchio, ci si diverte, ci si commuove».
Un’opera nata da un’illuminazione
Parlando della genesi del libro, Veronesi ha raccontato un aneddoto sorprendente: «Questo romanzo è un’anomalia per me. È l’unico romanzo che ho scritto ambientato nel passato. Ho sempre pensato che fosse un di più scrivere un romanzo ambientato nei tempi in cui viene scritto. Ma a un certo punto ho cominciato a sentire il bisogno di fuggire il tempo presente perché ha cominciato a non piacermi più. Più o meno da dopo il Covid».
L’autore ha poi svelato come il romanzo sia nato durante un semplice viaggio in auto: «Durante una trasferta da Prato a Roma, solo in macchina, mi è saltato addosso questo romanzo, è proprio saltato addosso. Quando sono arrivato a Roma, il romanzo era fatto, c’era tutto. Mancava solo la campitura che poi ho abbastanza facilmente esibito: spiaggia, 1972».
Un mondo di sensazioni perdute
L’avvocato Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila, ha evidenziato come Veronesi riesca a collocare il lettore esattamente in quel tempo e in quel luogo: «Mi ha colpito come Sandro Veronesi ci porti attraverso qualcosa che si è perso forse con la multimedialità di questi anni: l’utilizzo pieno di alcuni sensi – l’olfatto, il tatto, gli oggetti. Cita gli odori di quella spiaggia, l’odore della plastica del Moplen, il Super Santos, la crema solare».
Veronesi ha risposto: «Ho descritto quegli odori perché erano tutti odori chimici. Non c’erano odori di crema abbronzante perché all’epoca era crema per ammazzarsi. Era la prima volta che c’era un mercato perché se vanno in pochi al mare non vale la pena produrre il bene per pochi, ma per tanti sì. E questo, ognuno di questi flaconi emanava un odore simile o uguale, che piano piano si propagava e mischiava insieme a quello della plastica e della gomma. Era naturale, ma in confronto agli anni dopo la guerra (40-50) c’era un mondo di differenze».
Le sconfitte come formazione
Paolini ha anche notato come il romanzo sia punteggiato da grandi sconfitte sportive: «Citi nel libro tutta una serie di avvenimenti sportivi ma punteggiati da grandi sconfitte: la sconfitta di Bitossi, la sconfitta dell’Italia col Belgio, la sconfitta di Regazzoni, il tuffo tutto sbagliato di Cagnotto. Tutto questo lo metti per agganciarsi alle delusioni di Gigio…». «Per me – ha dichiarato Veronesi – lo sport è stato una palestra per allenarmi a perdere, ad accettare la gloria della sconfitta. Come quella di Bitossi, il “cuore matto”, che perde per una gomma. Tutti quanti noi ragazzini dovemmo elaborare questa perdita».
L’incontro si è concluso con una riflessione sul potere trasformativo dell’esperienza e della memoria, elementi centrali del romanzo di Veronesi, che conferma la sua capacità di raccontare l’umano in tutte le sue sfaccettature, dal dolore alla rinascita.
Verso la cinquina finale
La presentazione di “Settembre nero” ha segnato la conclusione del ciclo di incontri dedicati alla Decina 2025 del Premio Sila.
L’attenzione si sposta ora sull’attesa conferenza stampa che si terrà nei prossimi giorni, durante la quale verrà annunciata la Cinquina finale della tredicesima edizione del Premio.
I cinque titoli selezionati dalla giuria proseguiranno il loro percorso verso l’ambito riconoscimento letterario, uno dei più prestigiosi nel panorama culturale italiano.
La Fondazione Premio Sila invita appassionati e addetti ai lavori a seguire questo importante momento che segnerà una nuova tappa dell’edizione 2025 del Premio.
Tre domande a Sandro Veronesi
Abbiamo voluto approfondire ulteriormente alcuni dei temi del libro con l’autore…
Perché ha scelto di ambientare "Settembre nero" nel passato, negli anni Settanta, invece che nel presente come di solito fa nei suoi romanzi?
«Questo romanzo è un’eccezione per me. È l’unico che ho scritto ambientato nel passato. Di solito preferisco raccontare il tempo in cui vivo, perché lavorare su un materiale fresco mi stimola di più. Ma dopo il Covid ho cominciato a sentire poca voglia di raccontare il presente, che mi sembrava quasi soffocante. Si è trattato di una specie di mandato etico: essere il più possibile onesto nella ricostruzione di quel tempo, raccontare le cose e il contesto per come erano davvero».
Qual è stato l’innesco, il momento in cui ha concepito la storia di "Settembre nero"?
«Il romanzo mi è saltato addosso durante un viaggio in macchina da Prato a Roma. Credo che l’innesco sia stata la commemorazione imminente della tragedia delle Olimpiadi di Monaco, l’attacco dei Fedayn al villaggio olimpico. Le parole "settembre nero" mi sono risuonate in testa e, quando sono arrivato a Roma, il romanzo era già tutto lì, pronto, con la sua ambientazione, i personaggi e la struttura».
Come definirebbe "Settembre nero"? È un romanzo nostalgico, un romanzo di formazione, o altro?
«Non voglio che questo romanzo venga percepito come nostalgico. Semmai è un romanzo storico di formazione: storico perché racconta un’epoca precisa, ma senza nostalgia, piuttosto con tenerezza. Racconta il momento di passaggio dall’infanzia all’adolescenza, la scoperta delle prime crepe negli adulti, la perdita dell’innocenza, ma anche la rinascita e l’accettazione del protagonista».